Regione Toscana – Provincia di Siena – Fondazione MPS
Città di Montepulciano
Piazza grande
12-13-14-15 Agosto 2006 ore 21,30
Udite,
cittadini e forestieri:
un annuncio di festa grande e bello.
Da quasi settant’anni, come ieri,
a ferragosto qui si fa il
Bruscello.
Ci vestiamo da dame e cavalieri
e, all’ombra dello storico arboscello
riviviamo, cantando arie soavi
che non son nostre, so’ dei nostri avi.
Compagnia Popolare del Bruscello di MontepulcianopresentaFioravanti
da “I Reali di Francia”
Poesia drammatizzata in canto popolare
sotto forma di bruscello poliziano
Assistente musicale e alla regia – Giovanna VivarelliFonica – Celso Pallassini |
Disegno luci – Valeria Bernardini e Marco Messeri
Scenografie realizzate nell’Atelier scenotecnico dell’Arteatro Gruppo
in collaborazione con leri Rubegni
Costumi della sartoria della Compagnia Popolare del Bruscello
Ufficio stampa – Fabrizio Lucarini
Organizzazione generale – Mario Morganti
Direzione artistica e regia – Franco Romani
Scene – Irene Tofanini
Orchestra dell’Istituto di Musica di Montepulciano
Direzione musicale e direzione dell’orchestra
Luciano Garosi
FIORAVANTI | STEFANO BERNARDINI |
RE -suo padre – | ROBERTO DE PASCALI |
REGINA – sua madre – | SABRINA DOTTORI |
RIZIERI – maestro d’armi | MARCO GIANNOTTI |
GURLI – buffone – | SIMONE TREMITI |
BALAN – amico di Fiore | STEFANO BANINI |
GALINDA – fidanzata di Fiore – | IRENE TOFANINI |
RE SARACENO | FRANCO ANGELI |
Fioravanti, il Bruscello, che viene rappresentato quest’anno fa parte del complesso numero dei personaggi dei Reali di Francia, una delle letture più care al popolo della nostra Toscana.
E’ tratto dai uno dei romanzi cavallereschi di Andrea da Barberino . Un trascrittore e cantore toscano,di tante storie di quel filone franco-veneto della fine del 1300.
Don Marcello Del Balio, di cui ricorre quest’anno 25 anni dalla sua scomparsa, autore di tanti bruscelli, volle riprendere questi temi in alcuni dei suoi bruscelli.
Ricordiamo Guerrin Meschino, Rizieri il Paladino e appunto il Fioravanti, rappresentato per la prima volta nel 1972. Un personaggio, che Don Marcello, immagina vicino anche alle tematiche e le problematiche dei giovani degli anni ’70 con le ansie per le libertà, con gli antagonismi del pensiero giovanile e le arretratezze, con le libere scelte sulle questioni del matrimonio e le individualità.
…figlio del Re di Francia, Fioravanti, poco amante dello studio e innamorato dell’avventura mal sopporta l’assistenza, anzi l’inflessibilità del suo maestro d’armi: il paladino Rizieri. La sua noia verso il vecchio cerbero sfocia in uno scherzo, fatto con animo giovanile, ma che viene interpretato come un affronto sanguinoso dal paladino e dalla corte di Francia. Fioravanti, durante una seduta d’armi, spinto dai bambini che giocano, dal suo amico Balan, e dal buffo Gurli, mentre Rizieri dorme e russa beatamente, gli taglia la barba. L’offesa fatta all’eroico guerriero famoso in tutto il mondo viene punita dal Re con un castigo esemplare: Fioravanti verrà sferzato come si faceva con i ragazzi negligenti, alla presenza di tutto il popolo di Parigi. Ma interviene in sua difesa la madre e più ancora la sposa promessa, Galinda che è anche cugina di Rizieri. Essa è stata scelta come promessa sposa perché il paladino Rizieri, che non si è mai sposato in memoria della sua innamorata Fegra, che si uccise per lui, intende così riaffermare i diritti verso un regno, che ha contribuito a fondare e difendere.
Il Re cambia il castigo così infamante in quello dell’esilio e Fioravanti deve abbandonare la patria, il suo amico Balan lo segue.
La madre supplica Rizieri di assisterlo anche così lontano e il buon maestro d’armi insieme a Gurli, corre dietro al suo pupillo. Fioravanti nel suo viaggio in terra pagana, sente la nostalgia della sua terra, e mentre sta riflettendo sulla sua solitudine, gli capita di salvare una donna con la sua ancella dalle insidie di alcuni briganti, dopo essere stato drogato con una sostanza oppiata.Uno dei briganti lo spoglia delle armi e porterebbe via le donne se non giungesse Rizieri che libera le donne e risveglia Fioravanti, convincendolo poi a tornare in patria. A Parigi dove è giunto accolto festosamente da tutti, l’eroe trova la festa del fidanzamento. Un po’ per l’amore che gli è spuntato in cuore per Dusolina, la fanciulla saracena salvata dai briganti, un po’ per reazione a questa donna impostagli per ragioni dinastiche Fioravanti rifiuta di fidanzarsi alla donna e preferisce tornare in esilio, invitando a seguirlo alcuni cavalieri, che cercano la gloria e l’onore. Tornano naturalmente nella terra dei Saraceni che salva di nuovo da un attacco dei soliti briganti.
Rizieri viene di nuovo inviato dalla regina a rintracciare Fiore. Cerca un abboccamento con lui, ma il loro parlare segreto insospettisce sia Dusolina sia il fratello, re saraceno che per motivi diversi hanno paura del tradimento del cristiano. Quando poi Dusolina viene a conoscenza della ragione che a spinto il Paladino a venire, cioè riportare il giovane alla fidanzata, la principessa saracena fa incarcerare il giovane, giurando di vendicarsi del tradimento. Ma basta un colloqui fra i due per rasserenare l’innamorata, che allora cambiando improvvisamente parere, fa uscire di prigione Fioravanti ed insieme a lui va a Parigi. Presso la corte, la saracena non viene ben accolta, anzi la regina la relega fra le serve. Fioravanti prende le sue difese e Galinda, la fidanzata promessa sposa, per la gelosia e la passione muore improvvisamente. Di ciò sì da la colpa alla magia della pagana, che viene accusata di stregoneria davanti al re.
In assenza di Fioravanti, Dusolina viene condannata ad essere bruciata come strega. Il popolo in preda ad un accanimento pazzoide, maledice la donna e si scatena contro di lei. Ma quando si dà fuoco al rogo un acquazzone improvviso spegne le fiamme. Questo viene interpretato come un segno del destino, che testimonia l’innocenza della saracena.
Dusolina viene liberata e può congiungere la sua vita a quella di Fioravanti. Così la favola – perché proprio di una fiaba sembra trattarsi- ha termine come tutte le fiabe che si rispettano. Il finale del buffo Gurli recita infatti: …e vissero felici, amati dalla gente, e a me non toccò niente di tanto, tanto amor.